Dimensione epidemiologica e inquadramento clinico

Punto chiave: L’agitazione psicomotoria è un fenomeno trasversale molto frequente nei reparti di emergenza. Si presenta spesso nei reparti di psichiatria così come nei Centri di salute mentale, ma attraversa varie diagnosi dalla psichiatria alla neurologia a fino alla medicina interna.

L’agitazione psicomotoria è definita nel DSM-5 come una «eccessiva attività motoria associata a una sensazione di tensione interna», è un quadro clinico (o sintomatologico) esito di una varietà di processi patologici differenti. Le caratteristiche principali descritte nei pazienti con agitazione includono, tra le altre, l’incapacità a restare fermi, con un eccesso di attività motoria non produttiva o a finalistica (camminare, sfregarsi le mani, tirare i vestiti), irritabilità, elevata responsività agli stimoli interni ed esterni e un decorso della sintomatologia instabile nel tempo.

“L’agitazione va separata dall’impulsività e dall’aggressività, che si manifestano in maniera improvvisa, perché presenta un’escalation e spesso è preceduta da sintomi premonitori”, spiega il professor Alessandro Rossi. In pronto soccorso in tempi rapidi è necessario escludere la presenza di patologie di tipo medico e intervenire prontamente per evitare l’escalation dall’agitazione da un’intensità lieve a media, fino a grave.

Chiarire le cause organiche è il primo step: verificare la presenza di malattie infettive, malattie metaboliche, traumi cranici o le cause di ordine sistemico, neurologico o non meglio identificate.

Agitazione psicomotoria nel paziente psichiatrico

Punto chiave: Nei servizi di emergenza psichiatrici sono riportati tassi di prevalenza dell’agitazione compresi fra il 4 e il 10%, mentre la stima delle visite che riguardano pazienti potenzialmente a rischio di agitazione, in quanto affetti da schizofrenia, disturbo bipolare o demenza, in questi servizi è il 20-50%.

Chi soffre di una patologia psichiatrica è più esposto al rischio di una crisi di agitazione psicomotoria. Come ha precisato il professor Mario Amore nell’intervista:

  • circa il 20% dei pazienti schizofrenici va incontro ad agitazione nel corso della vita.
  • Il 20% o anche più dei pazienti con mania/disturbo bipolare rischia un episodio di agitazione psicomotoria.
  • Nella forma di depressione che si accompagna ad agitazione più facilmente si va verso uno switch del tono dell’umore, un’alternanza del tono dell’umore fra fasi depressive e fasi maniacali. Si tratta dell’equivalente della condizione di stato misto, che è un fattore di rischio altissimo per comportamenti di tipo suicidario.
  • Il 50-70% dei pazienti con demenze vanno incontro ad agitazione psicomotoria e tanto maggiori sono le disabilità tanto più frequente è il quadro di agitazione.

Intervenire nel continuum

Punto chiave: qualunque sia la causa e la gravità della condizione soggiacente, l’agitazione si colloca lungo un continuum che da situazioni di semplice attivazione ideativa e comportamentale può sfociare in episodi più acuti e violenti.

Nella gestione di questa patologia è necessaria una razionalizzazione della cura, che poggi su una solida formazione a livello infermieristico e medico, sull’ottimizzazione del percorso seguito dal paziente e dai suoi accompagnatori e su un approccio terapeutico rapido possibilmente poco invasivo (che faccia di tutto per escludere il ricorso a metodi di contenzione), mettendo in primo piano la sicurezza e preservando il rapporto medico-paziente.

  • L’agitazione psicomotoria, spesso gestita in pronto soccorso, attraversa trasversalmente varie diagnosi.
  • L’intensità dell’agitazione si distribuisce lungo un continuum che va da intensità lievi a intensità gravi, con il rischio di innescare comportamenti aggressivi e violenti.
  • La agitazione psicomotoria ha un quadro clinico comune a patologie di natura diversa sia organica sia psichiatrica, e questo rende necessario un intervento precoce di natura multidisciplinare che permetta di evitare fenomeni di escalation sintomatologica, che possono portare a livelli estremi di aggressività e violenza.
  • La strategia di intervento ottimale deve coniugare tra loro interventi ambientali, psicologici, comportamentali e farmacologici, e interessa varie figure.

Il primo passo è provare un intervento di tipo ecologico e ambientale, utilizzando delle tecniche di de escalation, basate sulla comunicazione verbale e non verbale che hanno come obiettivo la riduzione della tensione e dell’aggressività, che siano rassicuranti per il paziente.

Anche se l’aggressività e la violenza non necessariamente sono elementi che caratterizzano l’agitazione, l’evoluzione della gravità della sintomatologia può sfociare in comportamenti aggressivi e violenti.

Per interrompere quest’evoluzione ed evitare una degenerazione in comportamenti di tipo aggressivo o autolesionisti, precisa la professoressa Cinzia Niolu, “l’intervento precoce deve collocarsi in una precisa finestra temporale tra un’agitazione di tipo lieve e un’agitazione sempre più grave”.

Punto chiave. L’intervento ha un punto di non ritorno: se l’agitazione da lieve diventa moderata, oltre il moderata, non si può più fare a meno di contenere il paziente farmacologicamente o fisicamente, secondo dei protocolli di contenzione che mirano soprattutto ad evitare che il paziente si faccia male. La contenzione fisica è talvolta funzionale alla somministrazione della terapia che, vista la condizione clinica, spesso deve essere erogata per via parenterale o con trattamenti per via intramuscolare.

All’orizzonte ci sono farmaci che possono essere erogati per inalazione, potenzialmente più agevoli ed efficaci dei presidi finora utilizzati, con una maggiore rapidità di azione e che, proprio in virtù di questo, possono evitare di raggiungere quell’acme oltre il quale è necessaria la contenzione.

Fonte

Tratto dall’Intervista sull’Agitazione psicomotoria a Mario Amore, Alessandro Rossi, Cinzia Niolu in 1C1Y – SOPSI 2018 | PUNTATA 2 | AGITAZIONE PSICOMOTORIA